Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio (1968): Poi l'uomo apparve sulla cresta e sostò in riposo, con un gomito appoggiato alla sella. Il portapacchi metallico, nuovo di zecca, sul manubrio, balenava al massimo della smilza luce solare. Un groppo di catarro saliva procellosamente per la gola di Johnny e sputando forte balzò sulla strada. L'uomo sussultò, poi lentamente si alzò, lo salutò chiamandolo partigiano, e la sorpresa dava alla sua voce un tono sarcastico. Johnny gli mostrò la sinistra che impugnava lassamente la pistola e gli ordinò di tirarsi sulla nuca il mefisto.
Canne al vento di Grazia Deledda (1913): Efix sostò al poderetto, presso l'ontano al limite sabbioso del campo delle angurie, e guardando i tralci carnosi che correvano avviluppandosi qua e là come serpi sotto le foglie, gli pareva che avessero, come del resto tutti i cespugli tremuli intorno, qualche cosa di vivo, di animale. E parlava loro come lo intendessero, raccomandando loro di non stroncarsi, di non seccarsi, di crescer bene e dar molto frutto come era loro dovere; ma un rumore nella strada richiamò la sua attenzione.
La madre di Italo Svevo (1926): Un giorno, risoluto, Curra con un balzo sgusciò fuori dalla siepe che, fitta, contornava il giardino natio. All'aperto subito sostò intontito. Dove trovare la madre nell'immensità di quella valle su cui un cielo azzurro sovrastava ancora più esteso? A lui, tanto piccolo, non era possibile di frugare in quell'immensità. Perciò non s'allontanò di troppo dal giardino natio, il mondo che conosceva e, pensieroso, ne fece il giro. |